
Questo è il titolo che ho dichiarato pubblicamente a sangue caldo, o più precisamente a calici svuotati, dopo la
caleidoscopicamente introspettiva verticale delle 8 annate più rappresentative degli ultimi 60 anni di storia del Chianti Classico della fattoria Santo stefano.
E ora come vengo fuori da questo "ginepraio"?
By the way... La tastiera è pronta e fremente sulla scrivania ornata da fogli, appunti e spunti e qualche libro pure, nel calice il Chianti Classico 2018 della fattoria di Santo Stefano esala sbuffi di fresco e fruttato profumo che si mischia e potenzia nell'aria alla musica dei RHCP lanciati da youtube in loop, adesso posso iniziare a scrivere questo articolo, anzi non ancora.
Bagno le labbra, bevo un sorso, ora si! Let's go..
Estate 2000, la prima del nuovo secolo.
Un venerdì sera come tanti altri, aperitivo al bar fra amici, progettando di andare al mare il giorno seguente fino a che non prese la parola l'ultima aggregata al gruppo. Paola.
Una ragazza di origini venezuelane, ma cresciuta in italia, capitata in loco per una vacanza studio, la quale candidamente ci raccontò di come sua sorella che studiava a Siena e viveva in un paesino lì vicino avesse visto John Frusciante & co. in un supermarket a fare la spesa come persone comuni credendo di non essere riconosciuti e di come, una volta informatasi, aveva saputo che stavano in ferie in un agriturismo nel Chianti Classico e che tenevano rigorosamente e gelosamente custodito il segreto di quale struttura fosse per evitare pellegrinaggi di curiosi e fan.
Mentre parlava, costumi e teli da mare, li stavamo già mentalmente ripiegando nell'armadio e spontaneamente seguirono immediate votazioni bulgare che ci spinsero definitivamente a pianificare l'indomani fra le colline del Chianti Classico, cercando, sperando, credendo di poter incontrare, o anche solo intravedere il mitico gruppo rock californiano.
Inutile e superfluo dire che vagammo, anzi vagabondammo è il termine più corretto, rimbalzando da una cantina a un B&b, da un relais a un castello e ovviamente ogni occasione era valida e propiziatoria per un brindisi benaugurante. Finì quindi che l'unica cosa che trovammo fu all'ora di cena una gran bella fiorentina e un'altrettanto bella e meritata per l'impegno, il coraggio e la passione, bottiglia di Chianti Classico in un ristorante nella piazza di Greve.
Ora finisco il calice e torno ai giorni nostri.
Durante la verticale l'enologo Giampaolo Chiettini ha fatto più volte paragoni musicali e ha dichiarato pubblicamente di essere un fan dei RHCP, questo ha riacceso in me questo ricordo latente e stai a vedere che forse forse, eran proprio in villeggiatura alla fattoria di Santo Stefano oppure dove lavorava ai tempi Giampaolo?
Il 24 settembre 1716 a Firenze il Granduca Cosimo III de' Medici emanò il Bando Sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano, e Val d'Arno di Sopra il quale recitava: "...per il Chianti è restato determinato e sia. Dallo Spedaluzzo fino a Greve; di lì a Panzano, con tutta la Podesteria di Radda, che contiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al confine dello Stato di Siena...."

La fattoria di Santo Stefano fa quindi parte del territorio storico in cui si produce Chianti fin dal primo "disciplinare". Ogni singolo grappolo di sangiovese delle sue vigne ha contribuito nei secoli a costruire la fama del vino forse più noto nel mondo, tanto a diventarne emblema stesso.
Chi dice Chianti intende vino, poco importa se prima era nell'iconico fiasco impagliato.
Dal 1961 Santo stefano è di proprietà della famiglia Bendinelli la quale in occasione dei 60 anni di storia ha voluto fare una "verticale" con le annate più rappresentative del suo Chianti Classico, solo per la 2014 era presente la Riserva.
Il Chianto Classico Santo Stefano, più della "riserva" e a maggior ragione della "Gran Selezione", è la rappresentazione più diretta e autentica che questo terroir può esprimere, sia perchè è Sangiovese in purezza e sia perchè le uve provengono da vigne diverse come altitudine ed esposizione ma soprattutto come tessitura e composizione del terreno. Un vero e proprio "bignami" di come il Sangiovese a Greve può diventare vino.
8 i calici davanti a me.
8 annate, 2006, 2007, 2008, 2010, 2014, 2016, 2017, 2018
Solo di alcune ti parlerò e ci abbinerò i deliziosi piatti che Chiara, Anna, Elena e Agostino Bendinelli avevano preparato per pochi fortunati, e io ero fra questi, la sera prima alla cena di benvenuto, pardon, benBevuto.
2014 La Ribollita (Under the bridge)

Figlio di un'annata pessima, "bimbo studia che testa ne hai", ha rimediato alla mancanza di muscoli con la classe, l'ingegno e l'arguzia. Fine, non troppo intenso, ma elegante, sempre. Accoglie a braccia aperte, nella sua delicata freschezza, la zuppa appena calda e poi la bacia sapientemente con un tannino "casanovesco"(o "casanoviano"?) per farle esalare l'ultimo respiro beatamente.
2006 Faraona Ripiena (Scar Tissue)
Sapori d'altri tempi. Quando la complessità aromatica non necessariamente doveva coincidere con l'intensità. Quando i piatti erano fatti con quel che avevi nell'orto. Quando la cucina povera non sapeva nemmeno dove abitava la cucina gourmet.
Sapori veri. Sinceri. Autentici.
Mi immagino questo 2006, vestito in giacca, pantaloni e "panciotto" di velluto marrone con la catena dell'orologio che esce dal taschino in ginocchio davanti a questa bella e galante signora. Profuma di tabacco e caffè, in mano ha un bouquet di fiori di campo in cui si alternano anche erbe aromatiche. Il suo sorriso è talmente aperto e sincero che lo fa sembrare ancora un ragazzino e come tale è lì, con il cuore che gli batte in petto, sperando che la sua proposta di matrimonio venga accolta con un si.
2018 Anatra all'arancia (Dark necessities)
Giovane, fresco, baldanzoso. E quando i tannini scorrono veloci nelle vene si sa... figuriamoci se una strepitosa anatra all'arancia può almeno spaventarlo. Lui risponde con i suoi frutti ancora pieni e maturi per accoglierla parlando la stessa lingua e poi sfodera tutta la sua abbondante freschezza per farla definitivamente crollare davanti al suo incontenibile charme. Lasciate solo che qualche anno e un pò più di esperienza, trasformino parte della sua giovanile irruenza in eleganza e ne vedremo delle belle.
2017 Fegatelli (By the way)
Fegato e salsiccia, avvolti nella rete di maiale, fermati con del finocchietto selvatico e cotti nel lardo. Li adoro! E per fortuna c'è il 2017. Dimmelo ora che i suoi tannini sono un pò troppo scalpitanti. God bless the tannins! Di tutte le annate in degustazione questa è forse l'unica che, figlia di un anno torrido, è quella che più "panzaneggia" ovvero è caratterizzata da un sorso caldo e avvolgente, strutturato. Energia e concentrazione. Pur conservando una buona freschezza e un buon equilibrio, per niente facile e nemmeno scontato. Una bella e piacevole sorpresa.
Direi che la luculliana cena è finita... eppure... eppure mi sembra di essermi dimenticato di qualcosa...
Ah, la 2016.
La 2016 la abbino a me!
2016 B.A.S. (Otherside) Uno di quei vini che per definirlo in maniera corretta devo per forza ricorrere a termini tecnici, che non amo, ma a volte sono necessari.
Il 2016 è un vino B.A.S.
Bere a secchiate o se preferisci la versione anglofona D.I.B (Drink in Buckets)!
Equilibrio, intensità, complessità, piacevolezza e tannino setoso pregevole. L'unico difetto che ha è qualche anno in più sulle spalle per far evolvere ancor più sentori e aromi e elevarlo a vino da meditazione o da tagliata al tartufo che più o meno è la stessa cosa.
Io medito spesso su una bella tagliata di chianina con il tartufo!
La giornata è proseguita con il pranzo in bottaia dove lo chef Matteo Caccavo dell'Osteria il Pratellino di Firenze ha presentato piatti della tradizione rivisitati e reinterpretati in chiave moderna. Verrò a farvi visita!
Grazie alla famiglia Bendinelli, Chiara Anna e Agostino già citati, Elena e Dante che hanno reso possibile tutto ciò e a Milko Chilleri che mi ha invitato.
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Ho letto tutti i tuoi articoli: piacevolissimi! Per 20 anni ho frequentato la Val di Chiana in estate ed è come essere lì, devo farmi un itinerario enologico secondo i tuoi preziosi consigli!
Se vieni all'Osteria del Pratellino, avvisami che è due passi da casa mia! E bravo Michele, sempre in un racconto appassionato e senza tempo!
Bellissima narrazione….spero un domani partecipare per vivere un po’ di quelle emozioni cosi travolgenti 🍷🍷🍷
Sei un artista del gusto 😍
Come to decide that the things that I tried Were in my life just to get high on
When I sit alone Come get a little known But I need more than myself this time
Step from the road to the sea to the sky And I do believe that we rely on
When I lay it on Come get to play it on All my life to sacrifice
Hey oh Listen what I say, oh I got your hey oh Now listen what I say, oh ...
di vini 🍷 non ci capisco un granché e tu sei un po’ “briaone“😂😜😂 però mi fido dei tuoi abbinamenti!!!
vero è che sui Red Hot non si discute...contro di loro non c‘è gara!!! 🤩🥰🤩